Esaurita la fase pionieristica, il ciclismo visse un periodo d’oro a cavallo delle due guerre mondiali. Il successo di questo sport diviene enorme. I ciclisti diventano atleti professionisti a tutti gli effetti, ben pagati e contesi come testimonial per campagne pubblicitarie. In questa fase il ciclismo si divide ancora tra “routiers” e “pistards” con i corridori più famosi che si destreggiano in entrambe le discipline. Il ciclismo su pista attira nei velodromi migliaia di persone. Le 6 giorni sono un’appuntamento di grande richiamo e moda. La zeriba, il recinto interno alla pista, diviene luogo magico e invidiato. Le aziende di biciclette accendono una lotta acerrima per ingaggiare i ciclisti migliori. Il mercato è di oltre 5 milioni di biciclette vendute ogni anno. Numeri che fanno capire il perchè Alcyon , Automoto, Dilecta ecc. investono soldi e soldi nel ciclismo. Il pubblico impazzisce al passaggio di una tappa del Tour o del Giro: le fabbriche e le scuole si fermano, tutti si riversano sul ciglio delle strade per assistere ad uno spettacolo gratuito. In questi anni sono diversi i ciclisti a raccogliere fama e successo. In Italia la prima citazione va al “campionissimo” Costante Girardengo seguito cronologicamente da Alfredo Binda: il varesino è inarrestabile tanto da essere il primo atleta pagato per non partecipare al Giro causa “manifesta superiorità”… Learco Guerra non è da meno ed ecco che si crea la rivalità tra campioni e squadre (Legnano vs Bianchi). In questo periodo sono tanti i ciclisti italiani degni di menzione: Brunero, Piemontesi, Morelli, Azzini, Martano ecc.

ALFREDO BINDA in abiti civili

In Francia il ciclismo diventa lo sport più popolare, quasi una religione. Il Tour attira folle oceaniche sulle strade. Nascono quotidiani e riviste specializzate. Le biciclette si alleggeriscono, la componentistica migliora notevolmente. Nel periodo tra le due guerre sono tanti i ciclisti che trovano la ribalta grazie alla maglia gialla o alle vittorie nelle classiche più importanti: l’inossidabile Thys, lo scalatore Leducq, il completo Magne, il lussemburghese Frantz e poi Speicher, Sylvain e Romain Mais ecc
Tra gli italiani, oltre ai già citati Binda e Guerra, va sicuramente citato Ottavio Bottecchia, due volte vincitore della Grand Boucle e splendido protagonista di quegli anni la cui carriera fu interrotta dalla sua prematura scomparsa a soli 33 anni.