La seconda guerra mondiale lascia il segno anche nel ciclismo. Bisogna aspettare quasi 8 anni per rivedere il Tour de France. Nel 1947 la gara a tappe più importante del mondo ritorna con la vittoria di “testa di vetro” Robic e nel 1948 e 1949 l’Italia vive un momento magico con i successi di Bartali e Coppi. La nazionale italiana domina il ciclismo che conta e la rivalità tra Gino e Fausto accresce ancor di più l’interesse su questo sport.
Non è però solo un derby azzurro perchè anche le altre nazioni non stanno a guardare. La Svizzera schiera due assi come Kubler e Kobet vincitori a Parigi nel 1950 e 1951, la Francia risponde con la tripletta di Bobet (’53,’54 e ’55) e con l’astro nascente Anquetil, dominatore negli anni ’60.
A prendersi la scena è comunque il talento di Fausto Coppi, l’Airone o il Campionissimo. Con la sua maglietta biancoceleste e l’eleganza sui pedali, diventa un autentico mito vivente. Migliaia di persone sono incollate alle radio a sentire le cronache di Giro e Tour. La sua vita privata riempie i rotocalchi a causa della sua storia d’amore con la famosa “Dama Bianca”. Coppi è il primo vero personaggio sportivo moderno capace di attirare su di se un attenzione enorme. A fare da contraltare ci pensa il pio Bartali, schivo e tignoso di carattere, non avvezzo alla mondanità, ma dotato di altrettanto talento. Il dualismo tra i due si dice rappresentasse lo spaccato italiano. Sicuramente contribuì a ridare al ciclismo la massima visibilità.
Questo periodo di nuova rinascita finisce nel 1960 con la prematura scomparsa di Coppi. Dopo la sua morte il ciclismo cambia ed entra in una fase più moderna e meno romantica. Arrivano altri campioni, ma l’atmosfera non sarà più la stessa.