Categoria Storia del Ciclismo

Henri Desgrange

Henri Desgrange è entrato nella storia del ciclismo come l’inventore del Tour de France e più in generale delle corse a tappe. Parliamo di un personaggio poliedrico e dalla storia romanzata. In pochi sanno che Desgrange nasce come ciclista. A fine ‘800 provò la carriera da pistard con scarsi risultati. Si narra che non aveva “scatto”, ma resistenza. Per questo motivo si dedicò alle prove di fondo e nel 1893 stabilì il primo record dell’ora percorrendo 35,325 chilometri. Si tratta del risultato più significativo della sua carriera da sportivo.

Desgrange in versione ciclista. Siamo a fine ‘800.

Ben più famosa è la seconda parte della sua vita, quella che lo vide  dapprima direttore del quotidiano sportivo L’Auto e poi manager sportivo di primissimo livello. Nel 1903, seguendo il suggerimento di un suo collaboratore (Géo Lefèvre), decide di organizzare una corsa a tappe che percorra la Francia. Nasce così il primo Tour de France. L’obiettivo era quello di ricavare notorietà e nuovi lettori per il giornale. All’epoca, infatti, era in atto una guerra tra quotidiani sportivi. A contendersi la piazza erano L’Auto, con le sue pagine di colore giallo (da qui nascerà la futura maglia da leader della classifica…) e Le Vélo di colore verdognolo. A dire il vero Desgrange non era molto convinto dell’idea, tanto che si narra che non seguì direttamente la prima edizione delegando quasi tutto a Lefèvre. La corsa ebbe però un’eco enorme e un ritorno inaspettato. Il Tour diventerà l’evento sportivo più seguito e Desgrange per oltre 30 anni dedica anima e corpo a questa gara. Sa benissimo che alla gente piace la sfida estrema e la durezza della competizione. Per questo motivo le prime edizioni sono veramente ai limiti dell’impossibile considerando anche le biciclette dell’epoca. Desgrange è sempre a bordo strada, pronto a rincuorare i ciclisti o a “punirli” se non rispettano lo spirito della gara. Non ama le innovazioni tecnologiche e cerca di opporsi alle migliorie. Celebre la sua avversione all’introduzione del deragliatore e del cambio. Per Desgrange solo le biciclette a scatto fisso sono degne di un vero ciclista. Sta di fatto che grazie a lui il ciclismo su strada ottiene una fama mondiale: i “routiers” surclassano in pochi anni i “pistards” sino ad allora dominatori indiscussi. Desgrange abbandona il Tour nel 1936 a causa di problemi fisici (morirà nel 1940). A lui è dedicata una stele sul Col du Galibier, una delle montagne sacre del Tour.

Desgrange in versione manager sportivo

I Campioni del Biciclo

Nella storia del ciclismo i primi campioni vengono comunemente identificati con i ciclisti di inizio ‘900. La prima edizione del Tour de France del 1903 è una sorta di “anno zero” che ha poi dato vita ad una crescita esponenziale di corse e competizioni. In realtà c’è un “mondo sommerso” e dimenticato da tutti. Parliamo dei veri pionieri ovvero dei “campioni del biciclo”.

Il biciclo è l’antenato della bicicletta: un velocipede caratterizzato da una ruota anteriore molto grande a cui erano fissati direttamente i pedali e una ruota posteriore molto più piccola. Inventato attorno al 1870, il biciclo è rimasto in uso per una quindicina d’anni prima di venire sostituito dalla “bicicletta di sicurezza” che è il mezzo che oggi conosciamo ovvero con due ruote di eguali dimensioni. Era così chiamata perchè superava i limiti del biciclo che era molto difficile da condurre e assai pericoloso. Non pochi furono gli incidenti causati da questo mezzo. All’epoca la scelta di una ruota anteriore molto grande fu dettata dal fatto che attutiva le asperità del terreno e consentiva di raggiungere elevate velocità. Con l’avvento degli pneumatici prima e della catena di trasmissione più tardi, la bicicletta moderna mandò definitivamente in pensione il biciclo.

In quegli anni pionieristici il biciclo non fu solamente un mezzo ad uso creativo, ma anche una disciplina sportiva con tanto di gare, atleti e relativi campioni. Purtroppo il tempo e l’estinzione di questo mezzo hanno cancellato i risultati dell’epoca per cui è veramente difficile risalire ai palmares di quelle competizioni.

Nella mia collezione conservo però la foto di quello che probabilmente fu uno dei campioni del XIX secolo. Il retro della foto reca l’annotazione autografa che il soggetto ritratto è tal Maroni, “buon corridore di biciclo ed in seguito anche produttore di bicicli e delle prime biciclette”. Il campione dell’epoca è ritratto con un completo aderente, maglia della “Pro Patria” su cui fanno sfoggio ben 10 medaglie.

Binda e lo Sponsor

Binda e lo Sponsor

Le prime sponsorizzazioni sono nate proprio con il ciclismo. Agli albori di questo sport, ai primi del ‘900, furono proprio le case produttrici di biciclette e pneumatici a sponsorizzare in maniera professionale i ciclisti garantendo loro ingaggi e stipendi. Uno dei casi poco conosciuti è quello che riguardò Alfredo Binda, autentico fuoriclasse del pedale italiano, che alla vigilia dei Campionati del Mondo di Adenau (1927) venne avvicinato da 2 emissari della ditta tedesca Sachs.

Questa azienda produceva moto e bici ed era abbastanza rinomata, ma non ancora inserita nel ciclismo di alto livello. I tedeschi avevano brevettato un mozzo denominato “Torpedo” che aveva la caratteristica di frenare la ruota posteriore invertendo la pedalata. Volendo lanciare questo prodotto si informarono su chi erano gli atleti da battere in quell’edizione del Mondiale e la risposta fu la squadra italiana capitanata proprio da Binda. I tedeschi si presentarono nel ritiro degli azzurri proponendo una sponsorizzazione di £ 25.000 se avessero usato in gara il mozzo Torpedo. Binda rispose “picche” anche perchè non voleva inimicarsi i propri sponsor italiani. I tedeschi non si dettero per vinti e rilanciarono a £ 50.000 e £ 75.000 . Una cifra enorme per l’epoca. Girardengo, Belloni e Piemontesi guardarono Binda “ingolositi” dalla somma messa sul piatto dalla Sachs. Binda rilanciò scrivendo su un foglio £ 120.000 sicuro di aver sparato talmente alto che i tedeschi avrebbero sicuramente rifiutato. Dopo qualche minuto di riflessione l’emissario tedesco pronunciò il fatidico “Ja!”. Il record della sponsorizzazione più alta era appena stato battuto…